martedì 19 aprile 2016










IL
Teatro
DegliAlberi Uomo
E
degli UominiCervo



























Alla ricerca del Gioco Perduto

Non è Sano Giocare sempre i giochi altrui, alla lunga non si Gioca Più ma si è giocati ... soggiogati.


Un grande atto sublime è quando l'uomo si svincola dalla conquista del profitto, o dalla scalata sociale, o dell'interesse personale, e si da anima e corpo a un'impresa solo per la conquista di un sogno, effimero, quindi inutile, quindi Divino. Questo è ciò che sta avvenendo per l’edificazione del Teatro Degli Alberi Uomo e Degli Uomini Cervo.
Da giorni tutto accade con calma e di giorno in giorno “fiorisce”, in mezzo al bosco, il luogo immaginato in un sogno.  Un luogo sottratto al cieco e sordo mondo dell’Utile e restituito all’uso pubblico per pratiche della meraviglia.
Il Teatro degli Alberi Uomo e Degli Uomini Cervo è un campo da calcio.
Costruito nel bosco senza recidere gli alberi e senza spianare il terreno è inutile per il gioco del calcio ma è l’ideale per “riprendersi”, nel duplice aspetto di riappropriazione del ruolo di giocatori nell’arena del mondo, e di riprendere i “sensi” e il senso, nel e del gioco, il sapere di stare giocando. Noi siamo qualcosa di più che esseri puramente raziocinanti… e il gioco è irrazionale.
Il “Teatro degli Alberi Uomo e degli Uomini Cervo” è l’invito a rimettersi le maschere, da imitatori e da creatori subordinati della prima onnipotenza creatrice. Un luogo per Tornare a bere alla fonte della forza poiètica del gioco sul mondo.
Da Uomini Cervo alleati con gli Alberi Uomo abbandoniamo i giochi altrui, nei quali non giochiamo più, ma siamo giocati, e creiamone di nuovi…i nostri!

Che il nuovo gioco abbia inizio!

Quando il gioco si fa duro….alcuni cambiano gioco!





























Il "Teatro Degli alberi Uomo e Degli Uomini Cervo" si accenderà
nei giorni
 4-5-6 agosto 2016

Dalle ore 21.30 alle 23.00

Le linee che delimitano il rettangolo di gioco, le porte e il cerchio di centrocampo sono disegnate da luci, una lunga luminaria di 400 metri composta da 2.000 lampadine che diffondono luce bianca ghiaccio, che renderanno visibile agli Dei, alle jannare, ai lupi mannari e agli angeli il luogo in cui l’umano torna a giocare. 
"Bosco della Difesa"
Strada provinciale73
Montagano(CB)

N 41 ° 38'03.64 '' E 14 ° 41'32.40 "

Si consiglia un abbigliamento adeguato al luogo.
DI
Michele Mariano

PRODOTTO DA


CREDITS
Silvia Degrandi
Jozef Mirva
Salvatore Mastrangelo Luminarie, santa Croce Di Magliano
ProLoco Faifoli Montagano
I.N.C.A.S. Produzioni

CON IL PATROCINIO DI:





















Gli angeli hanno un posto dove andare a giocare. Alle volte ci lasciano soli e vanno lì, dove il tempo è quello vero.
Noi, “attori in pigiama” non li seguiamo.
Hikikomori del finto tempo giochiamo solo i giochi altrui. Intrappolati nel rassicurante tempo raziocinante abbiamo dimenticato i benefici di quello vero.
Eppure loro ci vanno… e ne giocano di giochi!
Questo luogo è in cima a un monte, nella terra della quotidiana sfida con l’impossibile e della forza poietica sul gioco del mondo.
All’ombra degli alberi del Bosco Della Difesa, al riparo dallo sguardo degli Dei c’è il TEATRO degli ALBERI UOMO  e  degli UOMINI CERVO.
E’ il nuovo campo per giochi.
Il teatro del tempo vero, quello della ri-creazione del mondo.
Un nuovo campo per tornare ad essere giocatori e protagonisti del tempo perduto.
Un teatro per recuperare il buon senso perduto nel rapporto col gioco.
Un luogo dove far visita ai santi, satanassi e poveri diavoli, dove è possibile riprendersi il tempo dei racconti di gesta eroiche e miserabili, di gioie e di dolori.
Qui, al riparo dal divino giudizio, i fantasmi, i pensieri e le paure ritrovano le naturali maschere, e ne creano di nuove.
Un Angelo Ferito l’ha edificato. 
Per liberare gli Uomini Cervo, ha messo degli ostacoli al gioco del calcio. Senza spianare il terreno e senza tagliare gli alberi ha disegnato il campo da gioco, nel bosco... di notte.



IMMAGINI


















MATERIALI


fonte: http://www.uomocervo.org/cervo.php

Il rito dell'Uomo Cervo, o meglio de "Gl'Cierv", si ripete l'ultima domenica di carnevale, da un tempo immemorabile, a Castelnuovo al Volturno. Dopo il tramonto, l'unica piazza del paese che ha come cornice i monti Marrone e Castelnuovo, appartenenti alla catena delle Mainarde, diventa il pittoresco palcoscenico di una pantomima che coinvolge molti abitanti, sia come protagonisti sia come figuranti. 

Il rito de "Gl'Cierv" ha sicuramente due significati reconditi:
1. Parafrasi del significato primordiale del carnevale, l'antichissimo mito dionisiaco, nel quale il passaggio delle stagioni viene simboleggiato in maniera cruenta, dove, per la rinascita della natura, risulta indispensabile una morte sacrificale.
2. La figurazione di tutto quello che da sempre sconvolge l'animo umano: le radicate paure per l'irragionevole, l'incomprensibile, la violenza selvaggia della natura che sovrasta e, a volte, travolge.
L'origine di questo carnevale, nonostante ogni possibile supposizione, resta oscura. Solo sulla genesi dei personaggi si avanza una qualche ipotesi, Tra essi, sono senz'altro il Cervo, il Martino e il Cacciatore i protagonisti del rito, nonostante la presenza della Cerva, evidentemente assimilabile al suo alter ego maschio, e delle comparse che completano la schiera degli interpreti della pantomima.


J. MOLTMANN SUL GIOCO Con il passare del tempo l’ uomo si è sempre più distaccato dalla gioia, dalla libertà e dalla spontaneità. Ormai facciamo parte di un mondo nel quale il lavoro ha assunto un ruolo talmente dominante da avere il sopravvento sul tempo libero e sul relax. Nel momento in cui si cerca di ridurre il gioco a categorie materiali si perde la sua specificità e il diletto che procura essendo un atto libero che supera i soliti bisogni . Esistono principalmente due modi di giocare: per i bambini, come i cuccioli, esso è un’ azione spontanea che non richiede necessariamente motivazioni. Crescendo, invece, il bambino perde quella spontaneità che prima lo caratterizzava e va incontro ad un bisogno di razionalizzare le proprie azioni , così che il gioco diventa uno strumento per risultare superiori, per mostrare le proprie capacità; al gioco viene imposto, insomma, un fine che di per sé non possiede. Chi si interroga sull’ utilità del gioco è considerato un guastafeste ; il gioco è esso stesso alienante, in quanto nel gioco si dimentica tutto il resto del mondo. Infatti, negli spazi ludici viene sospeso lo stato normale (funzione sospensiva), liberandosi dalle esigenze e tensioni di tutti i giorni ( funzione distensiva). Esso ha una funzione di sgravio per le fatiche sopportate in precedenza ed in vista di quelle future. Il gioco propone, dunque, un’ alternativa allo schema quotidiano del lavoro; diventa una valvola di sfogo per le insoddisfazioni quotidiane. Tuttavia, si presentano alcuni individui che, disabituati all’ ozio perché il loro ideale risulta la piena occupazione, devono sempre intraprendere qualcosa persino nel tempo libero. A Praga, nel 1948, la rivoluzione causò la chiusura di numerose osterie, birrerie e caffè, così che la nuova valvola di sfogo divenne lo sport socialista di massa. In tale modo, la libertà del gioco viene messa sotto controllo; non può più essere definita libertà, e quando si giunge ad una rinascita delle arti creative (v. a Praga in occasione della discussione su Kafka) essa diventa pericolosa per coloro che ritengono che “la fiducia è bene ma il controllo è meglio” (Lenin). Questo esempio dimostra che una società repressiva non può essere liberata aumentando le cosiddette valvole di sfogo. Il gioco perde ogni speranza se serve solo a dimenticare per un breve periodo di tempo ciò che non può essere mutato, cioè la realtà; da esso devono nascere prospettive critiche per il mutamento del mondo. Infatti, il senso del gioco, come d’ altronde l’ arte, si concretizza quando oppone ai quotidiani ambienti degli “anti- ambienti” o “contro- ambienti”, e quando , per mezzo di un confronto cosciente, rende possibili sia la libertà creatrice sia alternative indirizzate al futuro, sebbene oggigiorno si giochi di più con il futuro al fine di imparare a conoscerlo. Giocando ci si rende conto che le cose non devono restare per forza come appaiano o come qualcuno ha voluto che fossero. A questo proposito, anche le caricature , le battute e non solo, rientrano nella sfera semantica del gioco e sono considerati come mezzi di emancipazione degli oppressi, degli umili; ne sono un esempio pratico le medievali danze dei morti, durante le quali si toglieva ai ceti sociali le insegne della propria dignità, collaborando così alla liberazione del popolo. La libertà, perciò, comincia nel momento in cui la paura viene accantonata, e può essere ottenuta mediante l’ utilizzo di forme giocose, se così può definirsi l’ esempio sopra riportato. Il carattere ludico è stato attribuito da molti filosofi persino alla creazione del mondo. Eraclito, nel frammento 52, scrive:” Il corso del mondo è un fanciullo che gioca muovendo qua e là i pezzi del gioco; è un regno del fanciullo”. Ma Eraclito non fu il solo ad accostare il gioco al mondo; Nietzsche definisce il mondo come un deserto del non senso, ovvero come il gioco del caso. La sapienza personificata di Dio dice: “ giorno per giorno io ero presente, costituivo la sua delizia e giocavo continuamente davanti a lui”. Al giorno d’ oggi secondo Moltmann “noi giochiamo nel mondo e con il mondo e con il libero gioco cerchiamo di corrispondere al Totalmente Altro, o sprofondiamo per la paura nell’ abisso del mondo e ci aggrappiamo alle cose inconsistenti”. Da un punto di vista teologico, per analizzare il gioco bisogna fare riferimento a Dio. La creazione del mondo, infatti, non è altro che un gioco di Dio, in quanto essa non è né indispensabile né utile. Ma il Dio creatore gioca in una maniera completamente diversa dall’ uomo: mentre il primo gioca con le sue possibilità, creando dal nulla quello che vuole, l’ uomo può giocare solamente con qualcosa; con il nulla egli non è in grado di giocare. Comunque sia, in entrambi i casi il gioco viene preso seriamente e non come qualcosa di futile. Proprio tale serietà può ricollegarsi alla concezione dell’ utile presente nella società moderna: per l’ homo faber tutto deve avere uno scopo nel mondo del lavoro. Moltmann spiega che se in ogni cosa deve esserci un fine raggiungibile, quest’ ultimo, una volta raggiunto, renderebbe la vita priva di uno scopo. In verità lo scopo ideale sarebbe quello di diventare come un bambino, ovvero riacquisire non solo l’ innocenza e la spontaneità che il mondo circostante ha fatto perdere , ma anche la possibilità di dedicarsi alle ”opere libere”. Da questo punto di vista la vita cristiana è sicuramente connessa a tali opere libere, intese come opere compiute giocando, libere, cioè, dalla costrizione dell’ autorealizzazione. Basta pensare alle parole di Gesù:” se non ritornerete come bambini non entrerete nel Regno dei cieli”. Erroneamente, gli individui si concentrano troppo sul lavoro, che ormai rappresenta la loro realtà, tanto è vero che, per fare un esempio, diversi scrittori o professori fanno rientrare nel loro tempo libero ciò che in sostanza è la propria professione, immergendosi in romanzi di diverso tipo. Così il tempo libero diventa uno specchio della vita quotidiana, perdendo ulteriormente il suo significato. Il passaggio dalla “riproduzione del mondo del lavoro” al “ tempo libero per la produzione di nuovi rapporti nel tempo libero” è fondamentale se si aspira alla vera libertà. Molti si chiedono se il lavoro può mutarsi in gioco creativo. Secondo il marxista ceco Gardavsky l’ amore rappresenta l’ elemento necessario che “ trasforma il lavoro in creazione e questo in autorealizzazione dell’ uomo”. Marx, invece, ritiene che il lavoro non può diventare un gioco, in quanto “ questo rimane sempre un regno della necessità; solo al di là di esso incomincia l’ evoluzione dinamica dell’ uomo che ha come obbiettivo se stessa, ed è questo il vero regno della libertà”, un regno, dunque, non incentrato più sulle necessità. L’ etica aristotelica afferma:” se l’ uomo è quale si fa, allora il suo essere soggiace al suo fare”; tuttavia, se le sue azioni devono a loro volta sottostare alla legge, l’ uomo non è libero nei confronti delle sue opere, non ha pieno controllo delle sue azioni, bensì è costretto a sottomettersi ad esse, non è più padrone di se stesso. Lutero si opponeva al fatto che l’ uomo si possa forgiare da sé. La sua posizione prediligeva la fede rispetto alla ragione: l’ uomo non può né costruirsi né modificarsi né salvarsi da sé; ciò spetta piuttosto a Dio, e alla fede in lui, capace di salvare l’ uomo, di giustificarlo, (letteralmente “rendere giusto”). Di conseguenza, solo in tal caso, l’ uomo agirebbe con opere di salvezza, quindi per forza giuste e buone. Proprio come il gioco, anche l’ esistenza umana richiede determinate condizioni per svilupparsi in libertà. Nella società moderna, l’ uomo non è più un semplice ”Io”, ma assume le caratteristiche di cosa produce. “L’ albero striminzito nel cortile denuncia il terreno cattivo” (Brecht). Se le circostanze rendono l’ albero secco , è necessario mutarle affinché possano concedere all’albero la possibilità di svilupparsi; così sia pure per l’ uomo. Il mutamento delle circostanze e quello dell’ uomo sono complementari: se uno manca si crea solamente un’ illusione materialistica. Tutto questo sta alla base il gioco, il quale consente una visione certamente più cosciente della realtà fittizia, in cui ognuno adatta la propria persona al ruolo che deve svolgere all’ interno della società, reprimendo, se necessario, la gioia, la curiosità per il mondo, le azioni disinteressate e la spontaneità che in un primo momento facevano parte della sua vita.



CARNEVALE DI SATRIANO La Foresta che Cammina


II gioco come attitudine naturale, ma anche nelle sue forme più strutturate e finalizzate, rispecchia i complessi meccanismi mediante i quali le società elaborano e trasmettono i propri modi di organizzare il mondo. Attività al tempo stesso libera e vincolata, creativa e ripetitiva, il gioco ha infatti accompagnato la civiltà umana, arricchendosi via via di significati simbolici e rituali. Ricomponendo sotto il segno del "gioco" osservazioni sparse di etologi e pedagogisti, filosofi e etnologi, letterati e teatranti, con questo importantissimo saggio del 1958, Caillois tenta una classificazione di attività e regole apparentemente lontane. Sottolinea così una possibile differenziazione delle pratiche ludiche, riconducendole tutte a quattro modalità fondamentali: la competizione (agon), la sorte (alea), La maschera (mimicry), la vertigine (ilinx). Queste coordinate si combinerebbero di volta in volta tra loro, determinando le due facce, opposte e complementari, del gioco: il ludus, inteso come scaltrezza, calcolo, abilità e pazienza; la paidia, percepita invece come turbolenza, improvvisazione, scarto ed ebbrezza. Un affascinante esempio di curiosità intellettuale. Un classico dell'antropologia umana.